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Monte di Procida

E un comune della Campania, provincia di Napoli, con 12.838 abitanti  ha una superficie di 3,7 chilometri quadrati. Sorge a 63 metri sopra il livello del mare, sull'omonima collina dei Campi Flegrei, fin sul mare, fra la spiaggia di Cuma e quella di Miliscola, di fronte alle isole dell'arcipelago Campano di Ischia e Procida.

Storia

I Siculi, sospinti dagli Enotri e dagli Opicì, passarono in Calabria ed in Sicilia; mentre, agli inizi del primo millennio a.c., una seconda ondata di Italici arrivava nella nostra penisola: gli Umbri e i Sabelli, dai quali derivarono Sabini, Sanniti, Campani ed Osci. Gli Opicì costruirono diversi villaggi nei Campi Flegrei, dei quali uno presso l'attuale Cappella e un altro, forse sul Monte; essi ebbero il loro centro politico in Cuma. Agli stabilimenti commerciali creati nei Campi Flegrei da naviganti egei, verso il IX secolo a.c. fece seguito una vera e propria corrente migratoria di famiglie greche, le quali, anche se non sempre pacificamente, si stabilirono nelle città costiere italiane. Esse, col passare degli anni, si fusero con la gente del luogo, creando la nuova civiltà italiota, che fu lievito per i popoli italici per un rapido sviluppo sociale e civile. Dopo la caduta dell'impero romano, Miseno costituì, nell'ambito del ducato di Napoli, una contea, dalla quale dipendeva anche Procida. Gli storici la chiamarono Castrum; città fortificata. In quale epoca Miseno sia divenuta Castrum non è dato sapere con certezza. Si sà che gli antichi preferivano dimorare, nell'età della pietra, in villaggi fortificati, costruiti sulle alture più inaccessibili. Greci e Romani conobbero l'uso di torri di vedetta e di fortificazioni, elevate nei punti strategici.  Il fatto che Miseno viene ricordata dagli storici come "Castrum" e non semplicemente come "terra", è significativo: vuol dire che la città e il Monte formavano un'unica entità fortificata e protetta dalle torri costruite nella parte più alta, nella quale si rifugiavano i misenati in caso di pericolo. Le prime notizie di fortificazioni sul Monte le troviamo alla fine del VI secolo, papa Gregorio Magno inviava al vescovo di Miseno il denaro occorrente per creare un fortilizio a difesa della città e come rifugio in caso di pericolo. Nel XII secolo, il fortilizio del Monte lo troviamo denominato Castrum Sancti Martini, dal nome di una locale chiesa, che sorgeva sul declivio occidentale. Longobardi e Pontefici, Bizantini e Arabi si contesero il possesso del Castrum Montese, il quale secondo alcuni autori, appartenne, di fatto, alla Chiesa, prima ancora che lo Stato Pontificio assumesse esistenza giuridica. E c'è addirittura chi sostiene che Miseno ed il Monte fossero inclusi nella famosa donazione di Costantino. Il clero misenate si trasferì a Procida, raggiungendo le famiglie che in precedenza si erano rifugiate nell'isola, la quale fino al X secolo non aveva avuto un vero centro abitato.  I più tenaci restarono sul Monte, protetti dalle locali fortificazioni. Per l'abbandono le strade flegree divennero impraticabili, sepolte sotto erbe ed acquitrini: le poche famiglie rimaste sul Monte per le loro necessità religiose e civili dovettero rivolgersi alla vicina isola e ne seguirono le sorti fino al 1907. A fianco ai contadini che dimoravano stabilmente sul Monte, altri contadini facevano la spola tra la terraferma e l'isola. Restò sempre però, all'ombra delle torri Montesi, una fiammella di vita accesa per tutto il medioevo. Distrutta Miseno, il Monte, seguendo le sorti di Procida, alla quale venne collegato amministrativamente, ebbe come primo feudatario Giovanni da Procida: un medico salernitano, investito nel VIII secolo della baronia omonima dal re di Sicilia.  Nel XVI secolo il feudo passava a don Alfonso d'Avalos, marchese di Pescara, il quale lo teneva fino a quando, nel 1734, Ferdinando il Cattolico ne riscattava il dominio per farsene una riserva di caccia. Il XIV secolo segnò l'inizio del rifiorire della vita sul Monte: il fuoco dell'Epomeo portò da Ischia sulla terraferma flegrea, a Baia, Torregaveta e Miliscola numerose famiglie isolane. Il 2 ottobre 1781, giorno degli angeli custodi, la misura delle angherie superò ogni limite e sulla collina del Monte scorse del sangue. Gli esattori di Pozzuoli, simulando di avere ricevuto denuncia che dal Monte veniva praticato contrabbando di commestibili, ottennero autorizzazione ad eseguirvi un sopralluogo, facendosi accompagnare da una scorta di militari. La sera del 19 maggio 1815 Gioacchino Murat, vestito in abito borghese, coi suoi compagni di esilio, raggiungeva a cavallo Miliscola. La mattina seguente proseguiva per Ischia con due piccoli bastimenti, da dove poi raggiungeva la Corsica e la Francia.  Intanto Ferdinando IV di Borbone alla corona di Sicilia riuniva la corona di Napoli. Furono suoi ospiti, nel 1819, e visitarono i Campi Flegrei i Sovrani di Austria ed il principe di Metternich. Nell'agosto del 1860 gruppi di camicie rosse e di "picciotti" siciliani sbarcavano a Cuma ed a Miliscola, dilagando per i Campi Flegrei. Nella notte tra il 4 ed il 5 settembre alcune navi borboniche incrociavano nelle acque Montesi, per seguire Francesco II a Gaeta; ma i comandanti non vollero obbedirgli e preferirono portare il loro contributo alla causa dell'Unità. Alla fuga di Francesco II fece seguito nei Campi Flegrei la proclamazione di Vittorio Emanuele II a re d'Italia. La nuova monarchia di Savoia tradì però le aspettative della povera gente e dei lavoratori in generale.  Tradimento che causò malcontento: si ebbero rivolte un po' dappertutto nell'Italia meridionale; ed anche il Monte nel 1862 fece sentire la sua voce di protesta: il 17 luglio i Montesi manifestarono il loro scontento contro l'impolitica della nuova monarchia sabauda e, per sedare i tumulti, si rese necessario l'intervento dei soldati.  Intanto la popolazione cresceva. I Montesi volevano dare al nuovo comune il nome di Nuova Cuma, ma dovettero rinunciarvi per l'opposizione del consiglio comunale di Procida e dovettero accettare l'attuale illogica, antistorica denominazione di Monte di Procida.  Il 27 gennaio 1907 ufficialmente il Monte veniva elevato al rango di comune autonomo.

Da vedere

Siti archeologici, architettonici e monumentali - ampliata più volte nel XVIII e nel XIX secolo, la Chiesa ospita un'immagine dell'Assunta che risale alla costruzione della Chiesa, ed una statua della Madonna, riprodotta nelle immagini che i montesi portano in tutto il mondo, realizzata nel 1814. La Chiesa conobbe diversi ampliamenti ed arricchimenti nel corso del Settecento, per trovare la forma attuale sul finire del secolo scorso. La statua dell'Assunta che invece oggi si venera risale al 1814 ed è opera dello scultore napoletano Francesco Verzella. L'ingresso della statua in paese, dalla spiaggia di Torrefumo, venne accolto da una grande processione, segno della devozione che a tale immagine i montesi conserveranno sino ad oggi.

Bellezze ambientali - il patrimonio più prezioso di Monte di Procida è, senza ombra di dubbio, quello delle bellezze ambientali. Ovunque ci si trovi la cittadina offre squarci di panorami marini di rara bellezza resi caratteristici dai colori tipici della zona. Tra questi è opportuno ricordare l'Isolotto di San Martino, un piccolissimo isolotto della superficie di 1600 mq.. Vi si accede, a pagamento, da uno stretto tunnel e percorrendo un precario quanto suggestivo pontile. Oggi è possibile farvi comodamente il bagno e pranzare in un suggestiva cornice. In origine San Martino era collegato a Monte di Procida, di cui costituiva un promontorio; se ne staccò forse nel 1488 a causa di un maremoto. Sino al secolo scorso l'isolotto era alto il doppio di quanto appaia attualmente. Il taglio della pozzolana ne ha, infatti, ridotto l'altezza di ben 16 metri. Durante tale taglio, concesso dal Comune di Procida sul finire del secolo scorso, vennero portati alla luce sepolcri, scheletri, ruderi e pezzi di marmo.

Chiesa dell'Assunta - il suo aspetto attuale, elegante e austero, risale al secolo scorso ed è frutto di diversi restauri e rifacimenti. La Chiesa è legata alla storia dell'ingresso in paese di una statua della Madonna Assunta a cui i montesi sono particolarmente devoti. La facciata è decorata dalla presenza di archi, pilastri e colonne. Notevole il campanile a cuspide con orologio.

Chiesa di Sant'Antonio e San Michele Arcangelo - i lavori di realizzazione della chiesa iniziarono nel 1924 e nello stesso anno si conclusero dando vita a questa semplice e graziosa chiesa. Caratteristica per la sua forma bombata, "ad arco", che si ripete anche nella cupola del campanile che si erge lateralmente. La chiesa è particolarmente attiva in diverse attività, non solo liturgiche ma anche formative.

Come arrivare

In auto: da Autostrade tangenziale di Napoli uscita Arco Felice - Cuma seguire le indicazioni per Bacoli - Fusaro e proseguire seguendo le indicazioni fino a Monte di Procida.

In treno: da stazione Napoli Montesanto fino a stazione di Torregaveta proseguire con autobus delle autolinee Schiano fino a Monte di Procida

In aereo: l'aeroporto più vicino è Napoli Capodichino.

Tipologie