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Laurino

E un comune di 1.950 abitanti della provincia di Salerno. Situata nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, tra le sue numerose attrazioni naturalistiche e culturali, Laurino offre un'originale e calorosa ospitalità accompagnata da una cucina genuina e tradizionale basata su prodotti tipici locali.

Storia

La storia di Laurino è stata più gloriosa del presente. Nei secoli, infatti, il comune, che in passato contava 25000 abitanti, ha conquistato un tale grado di civiltà da permettersi il predominio sulle numerose popolazioni dell’alta valle del Calore. Dopo guerra ai giorni nostri anche Laurino ha vissuto gli eventi socio - economico - culturali che hanno caratterizzato la maggior parte dei paesi del mezzogiorno, tra tutti il decremento demografico. La raffigurazione, nello stemma municipale, di una pianta di alloro radicata sulla cima di una collina con ai due lati due leoni rampanti, indica le origini antichissime di Laurino, risalenti ai Sanniti Pentri in epoca pre-cristiana, che edificarono Laurino superiore ed inferiore, la Grancia di Fogna, Zadalampe e S. Maria di Vito. L’epoca della fondazione è alquanto incerta, ma da quello che si sa sui Sanniti Pentri, venne fondata probabilmente nel III secolo a.C. nell’epoca geologica Terziaria. Laurino fin dalle origini seguì le sorti di Roma, tanto nell’epoca repubblicana quanto in quella imperiale, e provò le vicissitudini dei vari popoli barbari che invasero la penisola. In seguito fu resa fortezza ma di quegli anni restano pochi segnali, come resti di mura e torri; subì poi nel corso dei secoli varie trasformazioni, essendo stata terra di conquista da parte dei barbari prima e dei popoli vicini poi.

Da vedere

Il palazzo del Comune di Laurino - si trova menzionato fin dal 1225, da quando cioè, molti atti giuridici si svolgevano nel suo portico. Dopo che il comune si impossessò del Palazzo della grancia di San Lorenzo, vi trasferì i suoi uffici, mentre la casa del comune finì in macerie che conservano ancora il nome di Casa della Corte.

La chiesa dell’Annunziata - risale al 1500 e aveva il patronato sul sodalizio dell’Annunziata, sullo Xenodochio e sull’Orfanotrofio. È ad una sola navata, ha un altare maggiore con molte decorazioni ed una stupenda aquila nel Ciborio. Vi è raffigurata la Madonna con l’Angelo in una pregevole pittura del 1577 ad opera di Girolamo Siciliano. Si notano in particolare l’altare della Madonna della Neve e l’altare di S. Giuseppe. Il soffitto è riccamente decorato con l’immagine di Sant’Elena.

Collegiata di Santa Maria Maggiore - risale proprio all’anno mille e che venne ricostruita nel 1776 con stile romano - barocco, e resa famosa dai numerosi sinodi celebrati in essa, il più importante dei quali fu quello del 12-13 e 14 dicembre 1649 sotto Monsignor Tommaso Carafa. L’edificio attuale è il risultato di numerosi ampliamenti e rifacimenti di un’antichissima edicola dedicata alla Madonna Odighitria attorno alla quale era sorto, tra l’VIII ed il IX secolo, un cenobio italo-greco, alla cui ombra visse Sant’Elena. L’ingresso principale è ricavato sulla parete di destra nella prima arcata cieca, cui si accede tramite un’ampia gradinata che lambisce il campanile – staccato dal corpo – e che sale dalla via principale, la quale è ad un piano notevolmente più basso per il dislivello del terreno. Nella terza arcata di destra, verso la fine del XVI secolo, fu ricavata la cappella del Rosario questa, anche se appare oggi depauperata delle tele che un tempo ornavano le pareti laterali, conserva la volta a botte interamente affrescata nel corso del XVII secolo forse da Paolo De Matteis di Piano del Cilento, il magnifico altare in legno scolpito e dorato sul quale troneggia la “cona”; la continuità degli interventi per abbellirla è testimoniata lungo i secoli fino agli anni Settanta, in seguito è stata abbandonata. Dietro l’altare maggiore è il coro in legno di noce, opera di Gerolamo Consulmagno di Aquara, costituito da due ordini semicircolari di stalli, con al centro la cattedra, che appare anteriore al ‘500, probabilmente derivante dal precedente coro del quale si conservano alcuni elementi nella cripta. La parte centrale reca in basso il Salvatore nell’atto di incoronare la Divina Madre, a destra S. Girolamo e S. Caterina D’Alessandria, a sinistra S. Vincenzo Ferreri. Alla base del quadro vi è la scena della resurrezione con la Madonna e S. Giovanni e gli apostoli intorno. L’altare maggiore, in perfetto stile barocco, contiene il corpo di S. Diodoro.   

Il Convento di Sant'Antonio da Padova - posto ai piedi del paese, che fu costruito sulle rovine del Nosocomio di S. Antonio Abate; sorse come istituto di beneficenza e dinnanzi ad esso sostavano i poveri per la distribuzione dei pasti. L’ingresso è sorretto da pilastri arricchiti da numerose pitture che rievocano la vita del Santo. Nelle quattro corsie del portico si trovano meravigliose pitture che riproducono gli stemmi delle famiglie nobili che contribuirono alla costruzione. Annessa al convento vi è la chiesa a cui si accede dal Pronao sulla cui volta si ammirano ricchi dipinti sulla vita di Sant’Antonio. Un’opera d’arte ammirevole è la porta di ingresso tutta in legno scolpito in diversi riquadri racchiusi in cornici. Gli otto riquadri e le sei figure in basso rilievo della porta sono un vero capolavoro di scultura. Le figure rappresentano la Concezione di Maria, S. Francesco, S. Antonio, S. Lodovico re di Francia e S. Girolamo.

Il Convento di San Benedetto - situata vicino la porta degli “Zippi”, che un tempo aveva annessa una chiesa, non si sa molto, solo che fu posto sotto la Sovrintendenza dell’Abbazia di Pattano. Nonostante ricevette maggiori donazioni di tutti gli altri, costituite in prevalenza da terre, tutto fu alienato, come si evince da qualche atto notarile dell’epoca conservato nella Biblioteca Pesce.

Il Convento di Sant'Agostino - resta oggi solo la chiesa ad una navata ogivale, dove sulla sinistra si trova un’edicola con il troncone triangolare. Il convento sorse per volontà di Mons. Don Agostino Odoardi, vescovo di Capaccio: subì la sorte degli altri e fu soppresso da Innocenzo X, per cui i suoi possedimenti furono divisi tra le varie parrocchie, mentre le rendite furono date al nuovo Cenobio che era sorto e al Cenobio delle Teresiane di Santo Spirito dove fu collocata la famosa campana di S. Agostino.

Il Cenobio Benedettino - la chiesa di questo convento fu la prima a godere del privilegio della esenzione nel 1159 con Bolla di Papa Alessandro III nell’anno in cui fu eletto; successivamente, nel 1362, dal vescovo di Capaccio Tommaso di Santo Mango fu ceduta con tutte le sue rendite al monastero della SS. Trinità di Cava, ma riacquistò la sua autonomia l’anno seguente. La presenza di questo cenobio oggi è attestata da poche rovine e da una cappella posta attualmente in un altro comune e nella quale si celebra Messa una volta all’anno.

Il Convento dello Spirito Santo - nel 1713, a forma di quadrilatero su due giardini, subì varie trasformazioni: da convento a conservatorio, convento di clausura dopo il 1726, fu soppresso, rimodernato intorno al 1930 ed adibito a casa municipale oltre che ad asilo.

Il Castello longobardo - fu costruito intorno al 1110; ad esso si accede attraverso una grande scala. Il percorso, poi, conduce ad un portale contraddistinto da uno stemma in pietra attraverso il quale si giunge nel vestibolo.  Al primo piano, nell’ala destra si trova la sala da pranzo, dove spicca una credenza in legno incassata alla parete denominata “comedor”; a sinistra, invece, si trova la grande sala del giuramento, al centro della quale si nota il trono in legno scolpito e dorato sormontato da uno stemma.  Al piano terra si trovavano una stanza ed una cucina per il maggiordomo, oltre agli uffici per i segretari. Il castello ebbe il periodo di massimo splendore tra il 1200 e il 1551; in quell’anno cominciò un periodo di decadenza essendo stato venduto il feudo da Ferrante XII a Fabio Carafa.

Come arrivare

In auto: da Battipaglia -  Laurino distanza a 61.8 km.

Tipologie